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Ezio Bosso e l’addio al pianoforte: “Non posso più suonare”

Ezio Bosso ha annunciato il suo addio al pianoforte. La malattia degenerativa di cui è affetto, infatti, gli impedisce di suonare lo strumento adeguatamente.

Con la sua maestria e il suo grande animo ha conquistato il pubblico e la critica. Ezio Bosso, direttore d’orchestra e pianista di eccezionale talento, ha, però, annunciato il suo addio al pianoforte. La malattia neurodegenerativa che lo affligge da anni, infatti, gli impedisce adesso di esibirsi allo strumento come vorrebbe. Per questo Bosso ha lanciato un appello ai suon fan, pregandoli di non chiedergli più di suonare il pianoforte.

L’annuncio Bosso l’ha fatto dal palco della Fiera del Levante di Bari, durante un incontro con i suoi fan, i quali lo incitavano a gran voce a esibirsi al piano. A sorpresa, tuttavia, l’artista ha rivelato al pubblico di non essere più in grado di farlo adeguatamente a causa della sua malattia, che avrebbe leso anche due dita. “Tra i tanti miei acciacchi – ha dichiarato Ezio Bosso – adesso ho anche due dita fuori uso. Se non posso dare abbastanza al pianoforte, è meglio lasciar perdere“.

L’arstista ha, però, tenuto a specificare che questo intoppo non lo scoraggia e che non si abbatterà. Il pianoforte, infatti, è stato per lui un quid in più, ma non la sua ragion d’essere. Le sue attività predilette sono, al contrario, la direzione d’orchestra e la composizione di musica, cose che continua e continuerà a fare finché ne avrà l’opportunità.

Se la sua malattia dovesse progredire, comunque, Bosso ha giurato che smetterà anche di dirigere. Nel frattempo, però, il suo tour nei teatri continua e va a gonfie vele, dirigendo orchestre di fama internazionale. Durante il suo discorso Bosso ha anche fatto un plauso all’articolo 9 della Costituzione Italiana, legge che esprime la tutela e la valorizzazione dell’arte in tutte le sue forme e del paesaggio. “La musica– ha aggiunto- è un focolare attorno al quale sedersi, un linguaggio universale che permette a tutti di parlarsi e fare comunità a prescindere dal luogo di provenienza“.