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Studente arrestato e torturato in Egitto: l’UE si mobilita per Patrick

Sulla vicenda di Zaky, lo studente dell'Università di Bologna arrestato in Egitto, si mette al lavoro anche l'Unione Europea. Si cerca di scongiurare un altro caso Regeni.

Si accende anche il faro dell’Unione europea sul caso di Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell’Università di Bologna che venerdì, atterrato nel suo Paese per una vacanza, è stato arrestato all’aeroporto del Cairo e da allora è in stato di detenzione con diversi capi d’accusa, tra cui istigazione a proteste e propaganda di terrorismo. Per il ricercatore, che secondo i legali egiziani ha già subito torture, con modalità che richiamano la fine tragica dell’italiano Giulio Regeni, per il quale lo stesso Zaky si era battuto, è forte la mobilitazione di politica e società civile.

Proprio l’attenzione richiamata dall’Italia ha innescato l’attenzione del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), l’organismo che gestisce le relazioni diplomatiche dell’Ue con altri Paesi al di fuori dell’Unione, guidato dall’Alto rappresentante Josep Borrell. Il portavoce Peter Stano, interpellato dai giornalisti a Bruxelles, ha spiegato che il Seae è “al corrente del caso” di Zaky e lo sta “valutando” con la sua delegazione Ue al Cairo. In caso necessario, assicura, saranno intraprese “adeguate azioni. Appena avremo raccolto più informazioni saremo in grado di dire qualcosa di più concreto“. L’Unione europea “sta cercando di stabilire tutti i fatti, e se sarà necessaria un’iniziativa l’Unione sosterrà in pieno le autorità italiane“.

In generale – ha aggiunto il portavoce – posso dire che l’Ue segue le questioni che riguardano i diritti umani molto da vicino, e continuiamo a sollevarle con i nostri partner egiziani, e appena avremo abbastanza informazioni solleveremo anche questa“. Una presa di posizione prudente, secondo Amnesty International, attesa, ma sicuramente non banale. “Nulla è inutile in questa fase – sottolinea Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia – ma ci aspettiamo un’azione incisiva e costante a partire dalla presenza – come chiesto dall’Italia – di osservatori Ue all’udienza o alle udienze che seguiranno, la prima delle quali il 22 febbraio“.

Questa è una prima data clou per il destino di Zaky, al netto di novità precedenti: il 22, infatti, scadono i 15 giorni della prima ordinanza e quindi ci sarà a Mansoura un’udienza per decidere se rinviare a giudizio il ricercatore, se prorogare di altri 15 giorni la detenzione per supplemento di indagini o nel caso più favorevole se disporre il rilascio del 27enne. Sabato tra l’altro Amnesty International ha scritto all’ambasciatore egiziano a Roma chiedendo “con fermezza” che a Zaky “vengano assicurate tutte le garanzie procedurali“, oltre a un rilascio “quanto prima“. Lettera alla quale al momento non è seguita nessuna risposta. La mobilitazione per il ricercatore egiziano continua.

Dopo il flashmob di domenica in piazza Maggiore, a Bologna lunedì sera un nuovo presidio di associazioni studentesche ha chiesto a Governo e Farnesina misure incisive per la liberazione di Zaky e per i rapporti con l’Egitto. Su Change.org, la petizione lanciata per far pressione sul governo egiziano vola verso le 15mila firme, mentre Amnesty Italia ne ha lanciata un’altra parallela chiedendo libertà per Patrick, “arrestato solo perché attivista”. Il consiglio di amministrazione dell’Università di Bologna auspica trasparenza sul caso in Egitto.