Ci sono documenti che abbiamo bisogno di conservare per lunghi periodi, la tesi di laurea, il piano di studi, i libri digitali che poi avremo di consultare anche durante il lavoro. C’è un modo semplice e veloce per mettere in sicurezza i file: il PDF/A.
All’università è normale che i documenti passino di mano in mano, vengono consultati, firmati e poi riutilizzati. Però, spesso abbiamo bisogno che possano essere consultati anche a distanza di tanti anni, per esempio per la domanda di dottorato o per delle semplici verifiche amministrative. In questo caso, devi scegliere un formato adeguato come il PDF/A che è pensato apposta per l’archiviazione a lungo termine.
Se alcuni file li hai in Word, non c’è problema. Puoi usare un convertitore online come SmallPDF e, grazie alla funzione word to pdf puoi trasformare il file in modo da poterlo conservare negli anni senza il rischio di modifiche indesiderate.
Il PDF/A è una famiglia di profili del PDF pensata per conservare nel tempo il contenuto visivo statico di un documento. A differenza del PDF classico, tutto deve essere auto-contenuto: caratteri incorporati, colori definiti in modo indipendente dal dispositivo, niente collegamenti a risorse esterne o elementi che dipendono da software terzi. Il risultato è un file che rimane leggibile e uguale a sé stesso anche se cambiamo il computer o i sistemi operativi. È uno standard ISO (serie ISO 19005) e l’ultima evoluzione, il PDF/A-4, si basa sul PDF 2.0 (ISO 32000-2).
Per chi lavora nella logistica documentale di un ateneo questo significa ridurre il rischio di rotture nel tempo. Un verbale firmato oggi resta accessibile e identico domani, senza sorprese di font mancanti o contenuti non visualizzabili. Anche le istituzioni culturali e gli archivi nazionali trattano il PDF/A come il formato di riferimento per i testi e le pubblicazioni digitali, proprio per la sua robustezza nel lungo periodo.
La famiglia del PDF/A non è unica, esistono più generazioni, nate per esigenze diverse. Ecco quali sono:
In Italia, la PA (e quindi anche gli atenei pubblici) seguono le Linee Guida AgID sulla formazione, la gestione e la conservazione dei documenti informatici, che includono riferimenti ai formati idonei e prescrizioni su come impostare i processi di conservazione digitale. Il PDF/A è il formato tipico per i documenti statici destinati alla conservazione.
Se il documento deve essere giuridicamente opponibile (delibere, verbali di esame, decreti), entra in gioco la firma elettronica in formato PAdES (la firma nativa per PDF). Per garantire la verificabilità nel lungo periodo, gli standard europei prevedono i profili B-T, B-LT e B-LTA, che aggiungono rispettivamente una marca temporale, le informazioni di validazione e i meccanismi per estendere la prova nel tempo. L’ultima versione della norma ETSI EN 319 142-1 definisce questi profili e allinea la firma PDF agli scenari di conservazione a lungo termine.
In pratica: se firmi un PDF/A, scegli un profilo PAdES con marca temporale e informazioni di convalida incorporate, così il file porta con sé tutto ciò che serve per essere verificato anche tra molti anni.
Le Linee Guida AgID inquadrano il ciclo di vita dei documenti informatici: formazione, gestione, protocollazione, classificazione e versamento in conservazione con un manuale di conservazione e un conservatore accreditato. Per chi lavora nella macchina amministrativa dell’ateneo, questo si traduce in prassi operative: scegliere i formati idonei (PDF/A per gli atti statici), applicare le firme conformi agli standard europei, arricchire i metadati e versare in modo tracciato nel sistema di conservazione.
Questo post è stato pubblicato il 25 Agosto 2025
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