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UNIKORE: Scoperta archeologica da parte di un docente dell’Università siciliana (FOTO)

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E’ stata presentata ieri mattina nel corso di una conferenza stampa all’Università Kore di Enna, una scoperta archeologica destinata a segnare un punto di svolta nella riconducibilità storica della cosiddetta “Epidemia di San Cipriano”.

Fino ad oggi non vi erano prove di questa pandemia considerata da molti storici una delle cause dell’indebolimento dell’Impero romano e addirittura da alcune fonti pagane interpretata come un segno premonitore della fine del mondo. Basti pensare che l’Epidemia di San Cipriano tra il 251 e il 270 d.C. arrivò a mietere 5.000 vittime al giorno nella sola Roma.

Dopo oltre quindici anni di scavi nel Complesso funerario di Harwa e Akhimenru, a Luxor, è stata trovata da Francesco Tiradritti, archeologo e docente di Egittologia presso l’Università Kore di Enna e direttore della Missione Archeologica Italiana a Luxor (M.A.I.L.), l’unica testimonianza archeologica di questa terribile epidemia.

Il ritrovamento, frutto di un lungo e meticoloso lavoro, è stato definito dagli addetti ai lavori “di eccezionale valore scientifico” ed è stato già riportato dalle più importanti riviste del settore in ambito internazionale.

La scoperta di Tiradritti ha consentito di ricostruire la modalità di smaltimento dei cadaveri adottata per fare fronte al dilagare della epidemia Tiradritti, nel corso degli scavi ed in seguito a numerose e lunghe comparazioni, svolte nel complesso funerario di Harwa e Akhimenru, ha individuato alcune inumazioni con alcune caratteristiche piuttosto insolite.

Diversi corpi, infatti, erano stati coperti con uno spesso strato di calce, un materiale adoperato in antichità per la sterilizzazione dei luoghi infetti. Vicino i luoghi delle sepolture sono state rinvenute anche delle fornaci che servivano per la preparazione della calce, ed i resti di una grande pira nella quale sono state riscontrate diverse tracce di resti umani combusti.

Tutti questi elementi sono il chiaro segno che le inumazioni individuate dalla missione italiana costituiscano, in realtà, una sorta di fossa comune allestita per fronteggiare un’epidemia.