L’universo non ha più segreti: la dottoressa Michela Negro, studentessa dell’INFN torinese, infatti, è riuscita ad individuarne la “luce più tenue”, debole ed antica. La scoperta è nata proprio dalla tesi di Michela, pubblicata sul sito ArXiv e in via di pubblicazione sulla rivista Physical Review Letters (Prl).
Ma come si è arrivati alla scoperta? Tramite i dati del LAT (Large Area Telescope), a bordo del satellite Fermi della Nasa in collaborazione con l’INFN, l’Agenzia Spaziale Italiana e INAF, in orbita da ben 10 anni. Ed è proprio dal suo lancio che Fermi osserva le particelle di luce (fotoni) ad altissima energia, ossia i raggi gamma generati dai fenomeni più violenti dell’universo, come le esplosioni delle supernovae.
Ai calcoli, però mancavano quelle che i fisici definivano emissioni ‘non risolte’ e che, finalmente, possono essere ricostruite soltanto adesso, con la prima descrizione dei fotoni dall’energia più tenue, provenienti da almeno due tipi di sorgenti.
Per capire la difficoltà con cui questa “luce tenue” è individuabile, i ricercatori la spiegano più facilmente con una similitudine: “È come guardare in una stanza buia un albero addobbato con le luci natalizie; se guardiamo distrattamente, vedremo una luce diffusa, ma se guardiamo con insistenza e continuità si nota la differenza tra le luci recenti, più intense, e quelle più vecchie e deboli.”